Social media

Clienti, social e privacy: preoccupazione non fa rima con azione

Secondo una recente ricerca di Kaspersky, che ha intervistato quasi 12.000 consumatori in 21 Paesi, uno su tre (32,3%) ha ammesso di non sapere come proteggere completamente la propria privacy online. Più della metà (56%) ha convenuto che la privacy totale non è possibile nel “mondo digitale moderno”, come dice la ricerca.

Un piccolo ma significativo numero di intervistati ha ammesso di giocare per ricevere dei gadget. Quasi uno su cinque (18,5%) ha dichiarato di essere disposto a sacrificare “leggermente” la propria privacy e a condividere dati privati se ciò comporta ricevere in cambio degli omaggi, mentre il 21,5% ha dichiarato di fare altrettanto se ciò significa ottenere maggiore sicurezza.

La ricerca mirava a verificare se l’oltraggio e lo scandalo provocati da numerosissime violazioni dei dati abbiano portato gli utenti a migliorare la protezione dei dati stessi. Il risultato non è stato certamente uniforme. “Affidarsi esclusivamente alla tecnologia per mantenere riservate le informazioni online è una soluzione parziale”, osserva Kaspersky. “Analizzando più a fondo il grado in cui diamo valore e proteggiamo realmente le nostre informazioni, notiamo che molti consumatori si espongono – forse inconsapevolmente – ad un rischio maggiore in quanto non mantengono al sicuro i propri dati personali. Questo potrebbe compromettere tutte le misure messe in atto per garantirne la sicurezza”.

Un altro recente rapporto ha esaminato le abitudini degli utenti e ha rilevato che, nonostante le preoccupazioni per la privacy, i social media continuano ad essere usati molto assiduamente. Lo studio, condotto da Insights West su un gruppo di consumatori canadesi, ha rilevato che l’utilizzo settimanale di Facebook, YouTube e Instagram continua a crescere. Facebook ha continuato ad essere il principale social media – tra gli oltre 1.000 adulti canadesi intervistati – con un punteggio dell’82%, mentre Twitter (29%) non ha retto il confronto. Instagram, che anche secondo i dati del 2017 era leggermente più avanti di Twitter nella scala di diffusione, si attesta al 39%.

Ma la ricerca ha anche rilevato crescenti timori. Più di quattro intervistati su cinque (81%) si sono detti preoccupati per le notizie e le informazioni che vengono loro mostrate sui social, mentre i due terzi (65%) si dicono preoccupati per la pubblicità mirata e basata sul comportamento.

 

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