L’acidificazione degli oceani è una nuova minaccia per l’ecosistema: ecco i risultati shock di una ricerca americana
Le acque più acide degli oceani potrebbero avere conseguenze devastanti per il nostro ecosistema rallentando la capacità delle piccole alghe di costruire pareti cellulari di silice. L’acidificazione degli oceani non erode solo i gusci di carbonato di calcio ma rallenta la velocità con cui piccole alghe chiamate diatomee costruiscono le loro belle e intricate pareti cellulari di silice. Le pareti più sottili sono diatomee più leggere che rendono le alghe meno in grado di trasportare carbonio nell’oceano profondo come si legge sulla rivista Nature Climate Change.
Vaste fioriture di diatomee agiscono come una pompa biologica nell’oceano, aggiungendo ossigeno all’atmosfera e estraendo l’anidride carbonica da essa. Per proteggersi dai predatori, le diatomee costruiscono anche case di vetro: forti pareti cellulari di silice. Quando le diatomee muoiono, le pareti fungono da zavorra, facendo affondare le creature, bloccando carbonio dall’atmosfera.
Ma quando gli oceani assorbono anidride carbonica atmosferica (SN: 6/8/19, p. 24), le loro acque diventano più acide. Se le emissioni di gas serra continuano su questi livelli, il pH medio dell’oceano calerà da circa 8,1 a circa 7,8 entro il 2100, secondo quanto affermato da Katherina Petrou, una biologa marina dell’Università di Tecnologia di Sydney in Australia
Una maggiore quantità di CO2 potrebbe aumentare la produttività delle diatomee, aiutando le alghe a crescere più rapidamente. Il sospetto degli scienziati è che un pH più basso possa influenzare la capacità delle alghe di costruire le loro case di vetro. Il team ha riempito sei serbatoi da 650 litri con acqua marina antartica contenente circa 35 specie di diatomee. L’acqua di mare di ciascun serbatoio era satura di diverse quantità di CO2, con valori di pH compresi tra 8,1 e 7,45.
Dopo 12 giorni, le diatomee presenti nell’acqua più acida stavano producendo il 60% in meno di nuova silice rispetto a quelle nell’acqua di mare con un pH di 8,1. E, in quella vasca fortemente acida, le specie più grandi e più pesanti sono passate da circa il 40 percento della comunità a solo il 3 percento.
Ma anche a pH fino a 7,84, la produzione di silice si è ridotta secondo quanto emersi dai dati di questo esperimento. Questo è “al di sopra dei livelli di pH previsti entro il 2100”, afferma Petrou. “Il nostro studio ha evidenziato dunque una nuova minaccia ai cambiamenti climatici per l’ecosistema”.
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